Laureato in Economia politica, Paolo Monti (Novara, 11 agosto 1908 – Milano, 29 novembre 1982) si affacciò alla fotografia per diletto. Grande amante della storia dell’arte e dell’architettura, in gioventù si divertiva a sfogliare «Das Leben» – rivista che ospitava le fotografie scattate dai migliori autori europei – e a ritagliare le figure per poi raccoglierle in un inserto.
Nel 1947, in compagnia di Luciano Scattola, Gino Bolognini e Giorgio Bresciani, fondò La Gondola, un circolo fotografico veneziano attorno a cui cominciarono a gravitare i più rinomati dilettanti del periodo (Gianni Berengo Gardin, Fulvio Roiter, Giorgio Giacobbi, ecc.).
L’attività fotografica di Monti subì un’impennata negli anni Sessanta quando cominciò a lavorare con gli enti preposti alla tutela del patrimonio storico-artistico, documentando, ad esempio, le valli appenniniche e i centri storici dell’Emilia-Romagna su richiesta di Andrea Emiliani, futuro soprintendente ai beni storico-artistici della regione.
In conclusione, Monti fu una figura che, passando dall’amatorismo al professionismo, seppe ritagliarsi uno spazio nel dibattito culturale fotografico, contribuendo allo sviluppo della fotografia italiana.
«Nella fotografia l’immagine è ‘dentro’ il supporto, dentro come in uno specchio e la carta lucida, quasi metallizzata, contribuisce a queste illusioni, così il mezzo più preciso, scientifico di riproduzione della realtà delle cose, ce la presenta spesso come illusoria apparizione».
Paolo Monti, Il Diaframma, in «Popular Photography Italiana», Milano, n. 117, aprile 1967, pp. 33-38.